Misure alternative al carcere.
Misure alternative al carcere, una breve guida
La legge italiana prevede una serie di misure e sanzioni alternative o di comunità: si tratta di alternative al carcere che da una parte mantengono il condannato nella sua comunità e dall’altra parte però implicano una restrizione più o meno ampia della sua libertà, mediante l’applicazione di condizioni e/o di obblighi.
Evidentemente, tale misura alternative al carcere viene stabilita da un tribunale o da un giudice, giustificando tali soluzioni come modalità di vera e propria esecuzione della pena detentiva, ma al di fuori di uno stabilimento di detenzione penitenziaria.

L’obiettivo di tali misure alternative al carcere è naturalmente quello di favorire un determinato comportamento da parte del condannato, all’interno di un programma di trattamento, applicabile anche ai condannati posti in misura alternativa o di comunità.
Considerata la diversità di questi trattamenti, cerchiamo di esaminare una per una ogni misura alternativa al carcere, cominciando dall’affidamento in prova al servizio sociale, per poi occuparci della detenzione domiciliare e della semilibertà.
L’affidamento in prova al servizio sociale
L’affidamento in prova al servizio sociale è la più nota misura alternativa alla detenzione. In questo caso lo scopo è quello di ricondurre il condannato nel proprio territorio, evitando i potenziali danni che potrebbero derivare dal contatto con l’ambiente penitenziario, e dalla condizione di totale privazione della libertà.
Regolamentata dall’art. 47 dell’Ordinamento penitenziario, questa misura alternativa al carcere consiste nell’affidamento della persona al servizio sociale, fuori dall’istituto detentivo, per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
Possono ricorrere al servizio sociale, e al relativo affidamento, ampie fasce di potenziale popolazione carceraria. Questo istituto è infatti ammesso e prevedibile anche nei confronti di tossicodipendenti e alcoodipendenti, soggetti affeti da Aids o grave deficienza immunitaria, condannati militari, e altro ancora.
La detenzione domiciliare
Un’altra misura alternativa al carcere è quella della detenzione domiciliare, introdotta dalla legge n. 663 del 1986. Successivamente la norma è stata integrata nuovamente al fine di aggiungere diverse ipotesi di detenzione domiciliare, rivolte a particolari figure di condannato, quali i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, o ancora le condannate madri.
Ancora più recentemente, la legge n. 94/2013 ha esteso l’applicabilità di questo provvedimento alternativo alla detenzione andando ad eliminare quegli automatismi che un tempo escludevano dal beneficio alcune categorie di soggetti. Si pensi ai soggetti recidivi, ma per piccoli reati, rendendo così molto più facile l’accesso per quei soggetti condannati che al momento della irrevocabilità della sentenza fossero già in stato di libertà, tranne il caso in cui non siano autori di gravi reati (tra i vari, si pensi ai reati per partecipazione ad attività di criminalità organizzata o ancora di maltrattamenti in famiglia).
In tutti questi casi, come intuibile dal nome stesso della misura alternativa, la forma di sostituzione della pena detentiva consiste nell’eseguire la stessa all’interno della propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, o ulteriormente in un luogo pubblico di cura, di assistenza e di accoglienza. Nel caso in cui il condannato sia una donna in stato di gravidanza o una madre di prole di età inferiore 10 anni, con lei convivente, si può optare per il soggiorno in una casa famiglia protetta.
Anche in virtù della ricchezza di casi, il nostro ordinamento prevede alcune particolari forme di detenzione domiciliare, come la detenzione domiciliare speciale, che permette alle donne condannate, che siano madri di bambini di età inferiore a 10 anni, di poter scontare la propria pena all’interno della propria casa, o in altro luogo di privata dimora, o – come abbiamo visto qualche riga fa – in altro luogo di cura, di assistenza o di accoglienza, che possa favorire le attività di cura e di assistenza dei figli.
Ulteriormente, un’altra forma detentiva domiciliare è quella di detenzione domiciliare per soggetti affetti da Aids o grave deficienza immunitaria. In questo modo, i soggetti affetti da tale condizione potranno intraprendere un programma di cura e di assistenza presso strutture specialistiche, quali quelle che si occupano di curare le malattie infettive in ambito ospedaliero o universitario o altro ambito.
Ultima forma principale di detenzione domiciliare è la detenzione domiciliare in caso di pene non superiori a diciotto mesi: in altri termini, nell’ipotesi di condanne a pene detentive di breve durata, si può optare per questa misura alternativa al carcere.
La semilibertà Infine, si tenga conto dell’ipotesi di scontare la pena con una misura alternativa al carcere come la semilibertà. In questo caso il soggetto, pur rimanendo ufficialmente in condizioni di detenzione, può godere di un parziale reinserimento nell’ambiente libero. La disciplina di questo istituto è riferibile all’art. 48 dell’ordinamento penitenziario e consiste nella concessione al soggetto che è stato condannato, di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto carcerario. In questo modo, il soggetto condannato potrà partecipare ad attività lavorative, di istruzione o di reinserimento attivo all’interno del contesto sociale.
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